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martedì 28 aprile 2015

Jupiter - Il destino dell'universo


Jupiter, figlia di immigrati russi, pulisce i bagni per vivere, sogna un domani migliore ma nel suo presente dorme in una stanza con i suoi parenti e non pensa di valere più del lavoro che fa. Un giorno, a sorpresa, in un salvataggio rocambolesco scopre di essere l'oggetto del desiderio di una famiglia di nobili alieni e viene così rapita da quello che diventerà il suo oggetto del desiderio, un mercenario mezzo uomo-mezzo cane. Dopo aver passato in rassegna i tre fratelli del nobile casato che si litiga la sua amicizia per interesse, come fossero fantasmi dickensiani, scoprirà di poter finalmente lottare per se stessa assieme al suo cavaliere.
C'è di nuovo la coltivazione e il consumo della razza umana al centro dell'immaginario dei fratelli Wachowski. Gli uomini sono una massa indistinta come piante in un campo, da predatori di risorse del pianeta (come la maggior parte della fantascienza li ha sempre immaginati, non ultimo il contemporaneo Interstellar) a risorse essi stessi, prede di altri coltivatori. In Jupiter - Il destino dell'universo non sono più le macchine di Matrix a bramare il possesso dell'umanità ma razze aliene più antiche, potenti, ricche e nobili, casati che da millenni si mantengono giovani grazie allo sfruttamento di razze come quella del pianeta Terra e ora, dopo la morte della madre padrona, sono in lotta per la successione.
I principali innovatori della fantascienza del nuovo millennio scelgono stavolta di fare un passo indietro. Dopo il grande affresco corale e storico di Cloud Atlas, mettono a fuoco una storia che ha tutte le caratteristiche del cinema di 30 anni fa. Una piccola pedina di un grande gioco è in grado di far crollare tutto il sistema, la più insospettabile e ordinaria delle carte, un'umana, si rivela il pezzo più pregiato in uno scacchiere che non conosce e di cui sa pochissimo. A ridare vitalità a questo tuffo nel recente passato del cinema c'è per fortuna l'epica avventurosa che i fratelli sanno infondere alle loro scene madri.
L'universo che i Wachowski mettono in piedi senza appoggiarsi a fumetti, libri o altri film antecendenti a questo ha il sapore dei grandi affreschi, pieno di dettagli, regole e ordini, cita apertamente Brazil, Dune e Ritorno al futuro II senza porsi troppi problemi, risolvendo ogni incongruenza grazie al proprio ritmo e un bieco ricorrere alle dinamiche più classiche di damigella in pericolo e cavaliere sempre pronto. In anni in cui anche la più conservatrice delle case di produzione (la Disney) racconta di eroine che si salvano da sole e relega gli uomini al ruolo, inedito per loro, di comprimario, i Wachowski pongono il loro Jupiter come la controriforma, il ritorno al classico.
Nella maniera in cui centrano bene non solo lo spirito avventuroso di un viaggio oltre il noto, attraverso lo spazio e all'interno di reami sconosciuti, ma anche l'esaltazione dello scontro (specie nel cielo delle metropoli terrestri) c'è il sapore del cinema migliore. Putroppo questo si avverte decisamente di meno quando si tratta di far interagire le loro pedine. Il cuore che dovrebbe battere al medesimo ritmo dei colpi subiti e inferti in realtà è molto meno sollecitato degli occhi. Mila Kunis è brava a rilasciare la tensione con uno sguardo, concentra benissimo l'emozione nei punti che servono e anche le battute più scontate riesce a consegnarle al suo partner come ottimi assist, dall'altra parte però Channing Tatum, perfetto, dinamico e coinvolgente nelle scene d'azione, non raccoglie come dovrebbe.

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